Le donne non votano le donne?

 

“Le donne non votano le donne?” È una domanda di Matteo Pelli nella trasmissione “Sotto a Chi tocca” di Teleticino. Quotidianamente come donne viviamo la società civile, dalla scuola, alla sanità, dal lavoro, alle infrastrutture, dal territorio, alla giustizia senza avere la possibilità di costruirla anche in base alle nostre visioni. Ho deciso di aderire alla politica ticinese grazie all’iniziativa di Tamara Merlo.

Nel questionario per la diretta televisiva bisognava indicare un mito. Ricordo molto bene che la signora Alma Bacciarini era un esempio per le ragazze che si interessavano alla politica. Nelle interviste rintracciabili su Internet del 1991 di Eugenio Jelmini e del 2001 di Michele Fazioli, la signora Bacciarini esprimeva concetti che oggi sono rimasti gli stessi. In quegli anni avevo 20 anni e nella mia visione del futuro mai avrei pensato che ben 30 anni dopo, quando il Ticino ha fatto passi da gigante in tanti altri settori, la condizione delle donne è quella descritta nelle due interviste.

In Ticino ci sono circa 115.000 donne con diritto di voto e circa 105.000 uomini. Malgrado questa parità, per la maggioranza sono gli uomini ad essere eletti e a prendere le decisioni per il Paese. In Consiglio di Stato, organo esecutivo del Cantone, ci sono solo uomini. Nei Municipi ticinesi ci sono 500 uomini e 100 donne. Non sono femminista nel senso comunemente inteso e opposto all’essere maschilista, il cui significato è atteggiamento di superiorità dell’uomo rispetto alla donna, perché non amo gli estremismi. Per il vero, il femminismo a differenza del maschilismo è un movimento nato da una condizione storica di non libertà e di non parità.

Perché la decisione quindi di mettersi in una lista di sole donne? Perché in ogni tema in cui le forze non sono equamente ripartite c’è necessità di azioni diverse e innovative da quanto fino a quel momento intrapreso e che prove alla mano non ha dato i frutti auspicati. Nei paesi scandinavi, notoriamente con un’alta qualità di vita, le donne nelle istituzioni sono circa il 50%. Non dovrebbe esserci quindi il timore di un declino della società qualora si riuscisse a raggiungere gli stessi livelli anche dalle nostre parti.

In Svizzera il diritto di voto e l’eleggibilità agli uomini è del 1848, quello alle donne del 1971. Sono 150 anni di democrazia retta da soli uomini, e 50 anni da quando la donna può partecipare alla costruzione del bene, cosiddetto comune. Che uomini e donne siano diversi è un dato di fatto, i due generi hanno qualità in ambiti e dosi diverse. È impensabile che le scelte scaturite da un consesso di soli uomini o a maggioranza uomini, pur considerando tutta la sensibilità di quest’ultimi, tengano in debita considerazione anche il mondo delle donne.

Nella vita di tutti i giorni uomini e donne condividono decisioni e scelte confrontandosi. Mamme, compagne, amiche, supportano, consigliano e aiutano figli, mariti, amici, ecc. L’opinione di una donna è richiesta perché valida e importante. Le donne non riescono poi a sedere dove le decisioni vengono prese, innescando un circolo vizioso. I motivi sono molteplici, ma certamente non la mancanza di capacità che è ripartita equamente nella popolazione femminile e maschile.

Perciò credo che per il futuro del Ticino e per una miglior democrazia, gli elettori e soprattutto le elettrici debbano pensare alle bambine di oggi e donne di domani, nelle quali è possibile credere per le loro capacità, alla pari che ai bambini e uomini di domani.

Maura Mossi Nembrini
candidata della lista Più donne al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio