Parità è giustizia

Anche quest’anno dobbiamo constatare che metà della
popolazione del nostro Cantone non gode ancora del
pieno diritto di cittadinanza.

Ancora alle soglie dell’anno 2023, le donne non hanno
raggiunto la parità salariale – che è semplicemente il
diritto a uno stipendio pari a quello del collega, uomo,
che fa lo stesso lavoro.

Purtroppo, a due riprese, la maggioranza di questo
Parlamento e il Governo hanno detto NO a una nostra
semplice proposta per agire concretamente e
puntualmente a favore della parità salariale.

Per due volte abbiamo chiesto che gli aiuti Covid fossero
dati a chi rispetta la legge. Più precisamente, la legge e la
Costituzione svizzera, che impongono la parità salariale.

Per due volte ci avete detto di no.
In barba a tutte le vostre “priorità” (e lo dico
tra virgolette) di legislatura.

La prima volta abbiamo chiesto che, di fronte a sussidi
pubblici, si chiedesse una dichiarazione di rispettare la
parità salariale. Una semplice autocertificazione,
mettendo una crocetta su un formulario.

La seconda volta abbiamo abbassato ancora l’asticella
– a livello rasoterra – chiedendo che chi voleva ricevere
soldi pubblici si impegnasse a svolgere un semplice
controllo a posteriori, cioè dopo aver ricevuto gli aiuti,
entro un anno, per sapere se l’azienda rispetta o meno
la parità.

Troppa burocrazia di fronte all’emergenza,
ci è stato detto.

Peccato che non si veda mai la vera emergenza:
la disparità che pesa sulle donne.

La disparità che, di conseguenza, pesa sull’economia,
sugli aiuti sociali, sulla vita intera della nostra società.
Sulla vita e sul futuro dei giovani e delle giovani.

Giovani che faticano a trovare un lavoro e a formare
una famiglia.

E quando la famiglia e il lavoro ci sono, bisogna ancora
faticare per riuscire a conciliare entrambi. E a che prezzo.

Il lavoro remunerato è ancora un problema per le donne:
in Ticino la percentuale di donne senza un lavoro
remunerato è sensibilmente più alta rispetto alla media
svizzera: in parte forse è un retaggio culturale, più
probabilmente per le giovani è una conseguenza del
nostro mercato del lavoro “al ribasso”, segnato da
precarietà, salari molto inferiori a quelli svizzeri, basso
valore aggiunto, effetto sostituzione nel terziario, eccetera.

In Ticino come in Svizzera, poi, le donne lavorano molto
ma senza ricevere una contropartita in denaro: la recente
statistica nazionale sul lavoro gratuito conferma che, in
particolare, i compiti di cura dei familiari, dei figli, della
casa, degli anziani e malati, continuano a gravare
– gravare perché pesano – in grande maggioranza
sulle donne.

Una delle conseguenze della disparità salariale, del lavoro
a tempo parziale (specialmente quanto è parziale non
per scelta), dell’esclusione dal mercato del lavoro, del
lavoro gratuito… è, logicamente, la povertà.

La povertà e l’esposizione al rischio di povertà
– lo diciamo anno dopo anno – colpiscono
maggioritariamente le donne. In particolare
le donne pensionate e le madri sole.

E le statistiche non migliorano, anzi. La crisi climatica,
le crisi energetiche, le crisi politiche, le crisi sanitarie…
Tutto, ma proprio tutto, colpisce le donne ancora
più duramente. Inclusa la violenza.

Su questo tema torneremo con il nostro emendamento
in cui chiediamo un potenziamento del Servizio violenza
domestica della polizia cantonale.

Oltre alla violenza domestica, le cui vittime in grande
maggioranza sono le donne, non dimentichiamo la piaga
degli abusi e violenze sessuali, dentro le case, sui posti
di lavoro, nei luoghi di cura… nelle nostre scuole.

Chiediamo tanto, tantissimo ai nostri giovani.
Siamo certi che stiamo facendo tutto il possibile per dare
a loro un futuro? Una società migliore?

E che società, che futuro può esserci, quando si basa
sull’ingiustizia?

Che azione politica stiamo portando avanti – come
Parlamento, come Governo – se non siamo ancora
in grado di vedere chiaramente quale deve essere
la vera, grande priorità per la nostra intera società?

Come deputate di Più Donne siamo qui, ancora
quest’anno, per dire che la parità non è stata
raggiunta
. Anche se ce lo chiede, anzi ce lo impone,
da più di 30 anni la nostra Costituzione federale.

Siamo qui per dire che i piccoli progressi che ci sono
(quando ci sono…) – progressi fatti grazie al duro lavoro
delle donne, non gentili concessioni – questi progressi
sono troppo pochi e troppo lenti.

Anche nell’ambito della (scarsa) presenza delle donne
nella politica e ovunque, là dove si prendono le decisioni.

Come deputate di Più Donne e come cittadine chiediamo
– ancora e sempre – giustizia.

 

Intervento di Tamara Merlo per Più Donne sul preventivo 2023 del Cantone Ticino