Abusi: basta con la cultura del silenzio

La protezione delle vittime
garantendo l’anonimato – e mi rivolgo
ad Anna Biscossa –
assomiglia troppo a questa
cultura del silenzio che è la cultura
del silenzio che ha fatto sì che per 25
anni ci siano stati abusi. Questa cultura
del silenzio la dobbiamo cambiare. La
dobbiamo cambiare dando onore alle
vittime. Onore alle vittime: quelle che si
fanno avanti e quelle che non osano farsi
avanti. E non osano farsi avanti perché
ancora vige la cultura del silenzio. Io
sono anche molto perplessa sul fatto che
il consigliere Bertoli sia stato sentito
come ex direttore e poi abbia
partecipato alla discussione del
rapporto. Questo – mi associo ai colleghi –
non va bene, rendetevi conto che c’è un
problema. Così come c’è stato un problema
nella comunicazione: non è possibile che
le persone
si siano ribellate, si siano fatte
sentire a mezzo stampa, a mezzo di
comunicati, a mezzo di sollecitazioni a
colleghe e colleghi perché facessero
sentire la loro voce: non va bene. Lo
stato ha fatto qualcosa? Sì, ma non ha
fatto abbastanza.
Dove siamo carenti? Ha ragione e collega
Morisoli, non bisogna solamente parlare
del dopo, bisogna parlare del prima. E
prima bisogna parlare della formazione.
Tutte queste persone che lavorano con
altre persone e quindi, in pratica,
ovunque: dalla scuola alle case anziani,
agli ospedali, alle associazioni che
fanno sport…
in qualsiasi luogo, tutte le persone che
hanno un qualche rapporto non paritario,
che possono esercitare un potere sulle
altre, tutte queste persone devono essere
formate a tutti i livelli, costantemente,
su che cosa sono gli abusi: che cosa sono
gli abusi sessuali, che cos’è il mobbing,
che cosa non bisogna fare. E soprattutto
devono sapere quali sono le conseguenze.
Ma finché le conseguenze sono il
silenzio, comunicati
che sembrano dire “Va tutto
bene, ci sono piccoli aggiustamenti da
fare negli statuti ma è tutto a posto”,
ecco, questo vuol dire che come Stato
siamo complici, siamo complici. Dobbiamo
ribaltare completamente la cultura,
bisogna essere in chiaro su cosa sono
gli abusi sessuali. Perché? Perché
altrimenti l’elenco si allungherà.
Passeremo di nuovo dagli allievi del
nuoto alle ragazzine delle medie, anche
quelle del liceo, agli abusi
nell’Ospedale Civico, nelle case anziani,
al caso dell’ex funzionario del DSS che
lavorava coi giovani: continueremo ad
avere un elenco che si allunga. Bisogna
cambiare la cultura. Non può più essere
una cultura del silenzio: deve essere una
cultura di assunzione delle nostre
responsabilità, di ogni singola persona.
Ognuno di noi è responsabile di usare
bene il piccolo o grande potere che ha
sugli altri. Sul mobbing poi bisogna
veramente fare grande
chiarezza, bisognerà arrivare a delle
modifiche di legge sullo stalking, sul
mobbing, su tutto quanto. Bisognerà avere
anche delle modifiche di legge su tanti
piccoli aspetti, che però causano
grandissima, grandissima sofferenza. E il
lavoro più grande, il punto d’arrivo di
tutto questo, deve essere chiaramente una
società più sicura per le persone, per
tutte le persone, ma arrivare anche a
ribaltare la percezione che abbiamo
della vergogna: non possono più essere le
vittime ad aver vergogna. Nessuna vittima
deve aver vergogna. La vergogna è tutta
per chi abusa, per gli autori degli abusi
e per chi, per un giorno o per 25 anni, è
stato in silenzio e ha coperto questi
abusi.

Intervento di Tamara Merlo per Più Donne nella discussione generale sugli abusi in Unitas, il 13 febbraio 2023